domenica 11 dicembre 2011

Il "Seth Material"


Il “Seth Material” è un sistema di filosofia presentato da Jane Roberts e dal marito Robert Butts come conseguenza delle comunicazioni in trance da parte di un’entità di nome Seth. L’origine del materiale, in realtà, è meno importante del suo scopo. Esso possiede consistenza logica, e riceve conferma della sua validità per la lettura e la sua utilizzazione che crescono di giorno in giorno.
 
"Sono strato mandato per aiutarvi, e altri sono stati mandati lungo i secoli del vostro tempo, poiché quando vi sviluppate formate nel contempo nuove dimensioni, e potrete aiutare gli altri. Mi trovo in questa stanza [parlando a Robert], sebbene non vi sia alcun oggetto entro cui possiate collocarmi. Avete un veicolo da usare, un corpo che chiamate il vostro sé, e questo è tutto. Siete disincarnati quanto lo sono io. Vengo qui come se apparissi attraverso un buco nello spazio e nel tempo. Ciò che definite emozione o sentimento è la congiunzione tra noi.
Ora, non vi sono limitazioni o divisioni per il sé. Potete in realtà essere dipendenti da porzioni del sé apparentemente inconsce. Le porzioni apparentemente inconsce del corpo prendono energia dal cibo e dalle molecole, dall’aria per formare il vostro corpo. Tutto ciò accade perché le porzioni interiori del vostro essere operano spontaneamente, gioiosamente, liberamente; e tutto questo accade perché il vostro sé interiore crede in voi, spesso anche quando voi non credete in lui. Ciò che considerate sé non può essere mai annullato. La vostra coscienza non viene spenta, né ingoiata, beatamente inconsapevole di sé, in una sorta di nirvana. Vi trovate adesso in una parte di nirvana come mai sarà. Vi trovate nel processo di espansione della vostra struttura psichica, nel processo che vi condurrà a partecipare consciamente con l’anima. State diventando ciò che la vostra anima è."

mercoledì 12 ottobre 2011

Il mondo nascosto

        È possibile rendersi conto chiaramente che lo studio del mondo visibile pone all’uomo dei problemi, che non potranno mai esser risolti in base ai fatti del mondo visibile stesso. Non saranno per tal via risolti, neppure quando la scienza di questi fatti abbia raggiunto l’estremo progresso possibile. Ché i fatti visibili accennano chiaramente, con la loro propria intima essenza, a un mondo nascosto.
Chi ciò non riconosce, chiude gli occhi a problemi che sorgono ovunque chiaramente dai fatti del mondo dei sensi. Non vuole vedere certi problemi e certi enigmi, e crede perciò che a tutte le domande si possa rispondere con i fatti che cadono sotto i sensi. Invero i problemi, che egli vuole porsi, possono essere tutti risolti con i fatti ch’egli si ripromette saranno prima o poi scoperti: su ciò possiamo essere senz’altro d’accordo.
Ma perché dovrebbe aspettarsi una risposta su certe cose anche colui che non pone nessuna domanda? Chi tende verso la scienza occulta non dice altro se non che per lui simili domande sono naturali, e ch’esse debbono essere riconosciute come espressione pienamente giustificata dell’anima umana. Non si può confinare la scienza entro certi limiti, proibendo all’uomo di affrontare spregiudicatamente certi problemi. A chi sostiene che vi sono limiti alla conoscenza dell’uomo, i quali non possono essere superati, e che lo arrestano davanti a un mondo invisibile, si può rispondere: «Non v’è dubbio alcuno che per mezzo del genere di conoscenza di cui si tratta, non si può penetrare in un mondo invisibile. Chi ritiene possibile solo quel genere di conoscenza non può giungere a conclusione diversa da questa: che all’uomo è impedito di penetrare in un eventuale mondo superiore».
Ma possiamo anche soggiungere: «È possibile sviluppare un altro genere di conoscenza e questo ci introduce nel mondo soprasensibile». Se si asserisce impossibile questo altro genere di conoscenza, si arriva a un punto di vista dal quale ogni discorso circa un mondo invisibile appare come completamente assurdo. Per una simile asserzione, di fronte a un giudizio spassionato, non può però affacciarsi altro motivo se non quello che all’assertore è sconosciuto l’altro genere di conoscenza. Ma come si può mai giudicare di una cosa che si ammette di non conoscere?
Un pensare obiettivo deve professare il principio, che si può parlare solo di ciò che si conosce e che non si può asserire nulla su ciò che non si conosce. Può consentire che uno abbia il diritto di parlare di quanto ha sperimentato, ma non che uno abbia il diritto di dichiarare impossibile ciò che non conosce o che non vuol conoscere. Non si può negare ad alcuno il diritto di non interessarsi al soprasensibile; ma non potrà esserci mai un buon argomento per cui uno si dichiari competente a giudicare, non solo di ciò ch’egli può sapere, ma anche di tutto ciò che «un uomo» non può sapere.

Rudolf Steiner, da "La scienza occulta"

martedì 11 ottobre 2011

La valle che forma l'anima

Questo mondo viene di solito chiamato, dai superstiziosi e dagli ignoranti, "una valle di lacrime", da cui saremo redenti grazie a qualche arbitrario intervento di Dio, e portati in cielo. Che concetto ristretto e rigido! Piuttosto, se vi va, chiamiamolo "la valle che forma l'anima". Allora, sì, sarà possibile comprendere a che cosa serve il mondo [...]. Io dico che forma l'anima, distinguendo l'anima dall'intelligenza. Ci possono essere intelligenze o scintille della divinità a milioni – ma non ci sono anime finché le scintille non hanno raggiunto un'identità, finché ognuna non è individualmente sé stessa. Le intelligenze sono atomi di percezione: conoscono, e vedono, e sono pure; in breve sono Dio. Ma allora come si formano le anime? Come riescono queste scintille, che sono Dio, a ricevere un'identità, così da possedere una beatitudine propria, specifica di ogni singola esistenza? Come, se non grazie a un mondo come il nostro?
John Keats, da Lettera a George e Georgiana Keats, 18 febbraio 1819

lunedì 26 settembre 2011

Il silenzio e l'assoluto

Noi copriamo il frastuono assordante del silenzio con la pausa del suono e della parola. Il vero silenzio è il suono ed è la parola, perché essi interrompono con un atto della volontà il morbido rifluire del silenzio universale del Tutto che risuona. La partitura celeste è scritta con inchiostro bianco, ed è, semplicemente, un Tutto e un Uno che risuona in eterno nei cieli e nei cieli dei cieli.

Sulla terra giunge solo ciò che può giungere, viene percepito solo quanto l'uomo è capace di percepire. Il suono e la parola sono il risultato degli spazi neri inseriti nella grande Opera al Bianco che costituisce la tela sulla quale vengono scritte le esperienze degli esseri che popolano l'universo.

Non possiamo temere il silenzio, né la sua aura, che rivela tracce sicure dell'infinito da cui proviene. Il silenzio diventa opprimente solo quando su di esso si riversano le onde distorte delle angosce umane. In tutto questo, il suono contiene maggiori tracce della vibrazione originaria rispetto alla parola; la musica, quindi, nelle sue varie forme, contribuisce a far percepire l'onda dell'assoluto e aiuta a sintonizzarsi su un canale molto elevato, le cui vibrazioni sollecitano risposta e si diffondono facilmente sotto il limite della coscienza.

A.C.

giovedì 15 settembre 2011

Il mondo esterno è un riflesso del vostro mondo interiore

Sappiate che all’esterno di voi non troverete nulla di ciò che non avete ancora scoperto dentro di voi. Passerete perfino accanto alle cose esteriori senza notarle se non le avete già trovate interiormente. Quanto più avrete scoperto interiormente l’amore, la saggezza e la bellezza, tanto più le troverete intorno a voi. Generalmente, pensate che se non vedete determinate cose, è perchè non esistono. Non è vero, esse esistono, e se non le vedete, è perchè non le avete sufficientemente sviluppate nella vostra interiorità. Il mondo esterno è il riflesso del mondo interiore; non fatevi quindi illusioni, non troverete mai esteriormente la ricchezza, la pace e la gioia se non avete prima fatto lo sforzo
di trovarle interiormente.
Omraam M. Aivanhov

venerdì 9 settembre 2011

La filosofia degli Yuga

La definizione di Yuga è quasi parallela a ciò di cui stiamo parlando: una geometria attiva sia nella Spazio che nel Tempo. Uno Yuga è una durata specifica compresa nel costante movimento del tempo. Gli Yuga detengono i princìpi che governano lo sviluppo de il destino della razza umana. Yuga è una delle più significative e potenti parole nella filosofia indiana. È così importante perché, a meno che non si conoscano i princìpi che disciplinano il periodo di tempo in cui si vive, non si può spiegare o comprendere niente sulle forze che guidano le nostre vite collettive e individuali. Per usare una metafora, diventiamo come un albero le cui foglie non riescono a distinguere la primavera dall’autunno. In altre parole, mal giudichiamo la progressione naturale della genesi determinata da successive durate temporali (infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia, per esempio). In questo modo noi usciamo collettivamente dagli stadi progressivi della vita, e in un certo senso diventiamo parte dei morti viventi. In India e nella filosofia indiana, i morti viventi sono considerati responsabili dell’occupazione del mondo dei vivi, per formarlo e manipolarlo in un mondo di sostanze e strutture inanimate – un processo cui ci si è riferiti come un “materialismo tecnologico”. Questa è la filosofia che ritiene che sia l’energia dei morti viventi a permeare il nostro mondo. Essa è responsabile dei valori formativi della nostra era. Questa amnesia riguardo le forze operative inerenti al tempo agisce come se possedesse il pensiero umano nello Yuga finale. Lo Yuga in cui viviamo richiede un vasto circolo di tempo per il completamento.

lunedì 5 settembre 2011

La vera illuminazione

L’illuminazione è qualcosa di molto affascinante per chi si trova già sul cammino. A volte pensiamo all’illuminazione come qualcosa che Buddha o Krishna possono servirci dall’alto su di un d’argento. Ci piace credere che se Cristo scendesse e ci baciasse in fronte allora sì, ci potremmo risvegliare. In realtà, l’illuminazione non ha nulla a che vedere con qualsiasi Maestro e neppure con Dio, unico e onnipotente. E’ semplicemente una questione di cambiamento di prospettiva.
Per avere un assaggio di cosa possa essere la vera illuminazione, dobbiamo riuscire a percepire ciò che siamo ora, in tutta sincerità. Ciò che siamo veramente e ciò che ci capita di vedere mentre ci troviamo in questa realtà tridimensionale sono due cose completamente diverse. Chi noi siamo è chi siamo sempre stati, null’altro che un’aspetto di Dio. Quale individualizzazione di Dio, ognuno di noi possiede tutte le caratteristiche immutabili che attribuiamo a Dio stesso. La nostra vera natura può essere descritta da tutte le parole che utilizzeremmo se volessimo descrivere l’illimitato, onnipotente, onnisciente, amorevole creatore dell’universo.
Ma noi non vediamo noi stessi in questo modo. Mentre guardiamo nella foschia dei nostri limitati sistemi di valori e credenze, assegnamo a noi stessi le caratteristiche di ciò che pensiamo di vedere come vera natura del mondo che ci circonda. E ciò che percepiamo come natura del mondo, lo percepiamo in modo errato. Questo perché abbiamo guardato al nostro mondo con gli occhi delle figure d’autorità che ci hanno allevati, non con gli occhi della visione cosmica.
Sembra che esistano due realtà. Una, teorica per la maggior parte di noi, è quella realtà elevata della coscienza di Dio, quello stato di consapevolezza in cui vivono sicuramente gli esseri illuminati. L’altra, che è il mondo "reale" nudo e crudo in cui viviamo, che è la cosa su cui noi concentriamo la nostra attenzione per il novanta percento del tempo. Molti ricercatori spirituali, ortodossi o meno, credono che la capacità di trasportarci da uno stato di coscienza all’altro sia un potere degli esseri illuminati. Neanche per sogno.

da "No time for Karma" di Paxton Robey - cap. 4
http://www.notimeforkarma.it/index.html