La definizione di Yuga è quasi parallela a ciò di cui
stiamo parlando: una geometria attiva sia nella Spazio che nel Tempo. Uno Yuga
è una durata specifica compresa nel costante movimento del tempo. Gli Yuga
detengono i princìpi che governano lo sviluppo de il destino della razza umana.
Yuga è una delle più significative e potenti parole nella filosofia indiana. È
così importante perché, a meno che non si conoscano i princìpi che disciplinano
il periodo di tempo in cui si vive, non si può spiegare o comprendere niente
sulle forze che guidano le nostre vite collettive e individuali. Per usare una
metafora, diventiamo come un albero le cui foglie non riescono a distinguere la
primavera dall’autunno. In altre parole, mal giudichiamo la progressione
naturale della genesi determinata da successive durate temporali (infanzia,
giovinezza, maturità, vecchiaia, per esempio). In questo modo noi usciamo
collettivamente dagli stadi progressivi della vita, e in un certo senso
diventiamo parte dei morti viventi. In India e nella filosofia indiana, i morti
viventi sono considerati responsabili dell’occupazione del mondo dei vivi, per
formarlo e manipolarlo in un mondo di sostanze e strutture inanimate – un
processo cui ci si è riferiti come un “materialismo tecnologico”. Questa è la
filosofia che ritiene che sia l’energia dei morti viventi a permeare il nostro
mondo. Essa è responsabile dei valori formativi della nostra era. Questa
amnesia riguardo le forze operative inerenti al tempo agisce come se possedesse
il pensiero umano nello Yuga finale. Lo Yuga in cui viviamo richiede un vasto
circolo di tempo per il completamento.
Tutti questi concetti riappaiono nel mio
studio della cultura aborigena australiana. Ho trovato lì rigogliosi concetti
molto simili. Ad esempio, se sussiste una mancanza di conoscenza e un
coinvolgimento del vivente con il processo post mortem dei membri della loro
tribù, gli spiriti della morte – l’aspetto che gli Egiziani chiamavano il Ka – rimangono e si accumulano
nell’atmosfera della terra. Nel pensiero degli aborigeni, la più grande
responsabilità per il vivente è quella di assistere i morti nel loro viaggio
post mortem. Un errore in questo provocherà la fine della vita umana sulla
terra. Così la nozione di Yuga è alla base anche della cosmologia greca –
l’idea espressa da Platone e Pitagora delle “Età dell’uomo”. Questo concetto,
espresso nella Tetraktys pitagorica, proviene dallo sfondo del concetto indiano
degli Yuga. Questo tetragrammaton del
numero, che lo organizza in una sequenza di 1, 2, 3, 4 è una filosofia
parallela tra Grecia ed India.
0 0 0 0 - Età dell’Oro
0
0 0 -
Età dell’Argento
0 0 - Età del Bronzo
0
- Età del Ferro
La struttura del sistema degli Yuga si trova nel
tetragrammaton. Si ha un’Età dell’Oro, che ha la durata di quattro Yuga, un’Età
dell’Argento con una durata di tre, una susseguente Età del Bronzo di due Yuga.
Lo Yuga finale è l’Età del Ferro, che tutti concordano sia l’attuale. Trovare
questo incrocio fra tempo, Spazio e Numero è alla base della religione o
filosofia Indù, e costituisce anche la base della filosofia greca. Solo i Greci
l’hanno matematizzata, mentre nel sistema Yuga indiano i numeri erano mantenuti
segreti. Alcuni storici della preistoria indiana affermano che nel momento
dell’invasione della loro cultura, gli Ariani subentrarono mantenendo la conoscenza
degli Yuga segreta perché questo tipo di conoscenza, ossia la comprensione
proporzionale del Tempo, rendeva l’attività di ciò che chiamiamo “profezia” un
fatto matematico, calcolabile e per questo pericoloso. Poiché, da quando iniziò
a realizzarsi la costruzione di un impero, la profezia costituiva un
elemento-chiave in mano al potere politico. Uno dei primi obiettivi di ogni
nuovo re era quello di trovare un profeta, e sappiamo che sia l’Antico che il
Nuovo Testamento sono basilarmente testi profetici. Attraverso la storia,
questi testi sono stati utilizzati o implicati nelle formazioni di potere gerarchico.
Gradualmente, tutte queste cose iniziarono ad essere
collegate insieme, e questo mi ha condotto a lavorarci su per quasi gli ultimi
sette anni, ricercando su questa singola parola, Yuga – quali siano le sue
implicazioni e quali siano le interpretazioni riguardo la sua autentica durata.
Emerge che Alain Daniélou, che visse in India e imparò sia
il Sanscrito che i linguaggi dravidici, venne avvicinato da un errante sadhu del sud dell’India, celebre tra i
discepoli yoga della tradizione Shivita. Grazie all’abilità linguistica di
Daniélou, il sadhu lo scelse per rivelargli
quali testi pensava che contenessero le reali durate degli Yuga. Verso la fine della
sua vita, scrisse un libro che poi Deborah Lawlor tradusse.[1]
Daniélou rivela qualcosa solo verso la fine del libro, ma nel corso del volume
nota che la vera essenza della filosofia indiana è che ci troviamo sul limitare
di una enorme trasformazione nel tempo – ci stiamo approssimando alla fine di
uno Yuga conclusivo di un ciclo di dieci Yuga, chiamato Maha Kalpa –
approssimativamente 60.000 anni. Ci troviamo nell’ultimo segmento di 6.000 anni
di quest’ultimo. Pensavo che questo fosse degno di più di poche pagine, o di
una nota rapida, e questo è stato il mio punto di partenza. Ho preso la data
dello Yuga che Daniélou aveva tradotto dalle scritture dravidiche, e l’ho
distribuito lungo l’altro grande calendario temporale – quello si cui venne
costruita Stonehenge, così come i monumenti in Perù che seguono lo stesso
ciclo: la “precessione degli equinozi”. Dapprima ci si chiede: “Come sono
correlate tutte queste cose?”. Si pensa che esse non abbiano gli stessi
numeri-chiave per designare le cruciali durate del Tempo. Allora ho realizzato
dei diagrammi su una pellicola trasparente, e li ho collocati uno sull’altro.
Scoprii così che tutti si interrelazionano armonicamente e geometricamente. Si
possono realmente vedere questi grandi cicli solari/lunari come parte di un
sistema di tempo.
[1] While the Gods Play, [Quando gli Dei
giocano], Inner Traditions, 1985.
Robert Lawlor, Intervista al Broolkyn Rail
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