È possibile rendersi conto
chiaramente che lo studio del mondo visibile pone all’uomo dei problemi, che
non potranno mai esser risolti in base ai fatti del mondo visibile stesso. Non saranno per tal via
risolti, neppure quando la scienza di questi fatti abbia raggiunto l’estremo
progresso possibile. Ché i fatti visibili
accennano chiaramente, con la loro propria intima essenza, a un mondo nascosto.
Chi ciò non riconosce,
chiude gli occhi a problemi che sorgono ovunque chiaramente dai fatti del mondo
dei sensi. Non vuole vedere
certi problemi e certi enigmi, e crede perciò che a tutte le domande si possa
rispondere con i fatti che cadono sotto i sensi. Invero i problemi, che egli vuole porsi, possono essere tutti risolti con
i fatti ch’egli si ripromette saranno prima o poi scoperti: su ciò possiamo
essere senz’altro d’accordo.
Ma perché dovrebbe aspettarsi
una risposta su certe cose anche colui che non pone nessuna domanda? Chi tende verso la scienza
occulta non dice altro se non che per lui simili domande sono naturali, e
ch’esse debbono essere riconosciute come espressione pienamente giustificata
dell’anima umana. Non si può confinare la
scienza entro certi limiti, proibendo all’uomo di affrontare spregiudicatamente
certi problemi. A chi sostiene che vi sono
limiti alla conoscenza dell’uomo, i quali non possono essere superati, e che lo
arrestano davanti a un mondo invisibile, si può rispondere: «Non v’è dubbio
alcuno che per mezzo del genere di conoscenza di cui si tratta, non si può penetrare
in un mondo invisibile. Chi ritiene possibile solo
quel genere di conoscenza non può giungere a conclusione diversa da questa: che
all’uomo è impedito di penetrare in un eventuale mondo superiore».
Ma possiamo anche soggiungere: «È possibile sviluppare un altro genere
di conoscenza e questo ci introduce nel mondo soprasensibile». Se si asserisce impossibile
questo altro genere di conoscenza, si arriva a un punto di vista dal quale ogni
discorso circa un mondo invisibile appare come completamente assurdo. Per una simile asserzione, di fronte a un giudizio
spassionato, non può però affacciarsi altro motivo se non quello che all’assertore
è sconosciuto l’altro genere di conoscenza. Ma come si può mai giudicare
di una cosa che si ammette di non conoscere?
Un pensare obiettivo deve
professare il principio, che si può parlare solo di ciò che si conosce e che
non si può asserire nulla su ciò che non si conosce. Può consentire che uno abbia
il diritto di parlare di quanto ha sperimentato, ma non che uno abbia il
diritto di dichiarare impossibile ciò che non conosce o che non vuol conoscere. Non si può negare ad alcuno il diritto di non interessarsi al soprasensibile;
ma non potrà esserci mai un buon argomento per cui uno si dichiari competente a
giudicare, non solo di ciò ch’egli può sapere, ma anche di tutto ciò che «un uomo»
non può sapere.
Rudolf Steiner, da "La scienza occulta"
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